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Maggio 2010:
sabato 8, sabato 15, giovedì 20, venerdì 21 e sabato 22

Sabato 8 Maggio 2010

Nell'ambito del convegno: Genova e la Svizzera all’insegna della storia: rose, bandiere, Papi e alabarde

La rosa nel Genovesato, immagini, parole e musica: omaggio alla Svizzera e al Rosengarten di Berna

Sala dei Chierici della Biblioteca Berio in Genova

Testo di Marcella Rossi Patrone
Foto di Andrea Patrone

Questo incontro ha inaugurato il convegno genovese Genova e la Svizzera all’insegna della storia: rose, bandiere, Papi e alabarde, ideato e realizzato dall’associazione per il dialogo internazionale Lameladivetro con il Consolato Generale di Svizzera a Genova.

Il gruppo folkloristico Zena Antiga ha aperto la conferenza spettacolo entrando in scena dalla platea, muovendosi tra il pubblico cantando uno dei più bei Canta Maggio genovesi: Maggio, capo di Primavera. Sullo sfondo della scena era proiettata l’immagine del mezzero delle rose.
La capogruppo di Zena Antiga Milena Medicina, console de A Compagna e studiosa di folklore genovese, ha raccontato come il nostro mezzero derivi dagli antichi tessuti indiani importati dalla seconda metà del XVII secolo. A Genova incontrò subito grande successo per la varietà di utilizzo: copriletto, arazzo, scialle, copricapo drappeggiato. Come testimoniano stampe e dipinti, la diffusione del mezzero si ebbe alla fine del Settecento e proprio grazie ad uno svizzero: Giovanni Speich, che aprì a Cornigliano una fabbrica di tele indiane.

 
Zena Antiga   Milena Medicina

Alla presenza di Promotori, Organizzatori e bel Pubblico A COMPAGNA ha così reso omaggio alla Svizzera e alla Città.

Nella persona dei rispettivi presidenti Franco Bampi e Franco Andreoni, A COMPAGNA e Lameladivetro hanno espresso chiaramente il desiderio di promuovere la cultura locale e confrontarsi con le identità di altri paesi, in un’ottica di reciproco arricchimento, porgendo saluti e ringraziamenti a Sua Eccellenza la Console di Svizzera Simone Navarro, che ha presenziato l’evento con eleganza e partecipazione.

 
Franco Bampi   Franco Andreoni


Simone Navarro

Entriamo nel tema della giornata. Nel Genovesato non è mai esistito il latifondo, ma l’impervio territorio è stato spezzettato e terrazzato per impiantarvi tutto il possibile e il necessario.
Anticamente i fiori si coltivavano per uso religioso o per essere donati. Erano prodotti e venduti per gli altri, costituirono il lusso dei giardini e la floricoltura divenne poi un’importante risorsa economica.
Parlare della rosa oggi è parlare del fiore per antonomasia, perché è un antichissimo capolavoro botanico di cui pare esistano circa 2000 specie. E’ simbolo di perfezione e purezza, di bellezza e di amore, è ispiratore di poeti e pittori, è utilizzato in profumeria e in cosmetica, in pasticceria e in liquoristica, è anche medicinale. La rosa è regina dei fiori e i fiori annunciano la primavera. A COMPAGNA ha creato su questo fiore una conferenza spettacolo, ovvero un momento dove brevi interventi di studiosi si sono inseriti in un contesto teatrale, in particolare l’esecuzione di antichi anonimi canti dialettali.
Rosa è il nome latino, in greco rhòdon, in genovese reuza. Reuza è un diffuso nome di donna; è un colore, il più delicato della gamma dei rossi; ed è un fiore simbolo che appartiene alle nostre tradizioni, comunque legate agli antichi miti dei numerosi popoli che in Liguria si incontrarono.
La rosa compare nella mitologia dell’area mediterranea, dei popoli mesopotamici, degli Egiziani, dei Greci e dei Romani, degli Arabi, ma anche in quella dei Celti e dei popoli orientali.


Marcella Rossi Patrone

In particolare, nell’antica Roma la rosa era particolarmente cara ai poeti. Ce lo ricordano le Georgiche di Virgilio, le Poesie di Catullo, gli Amori di Ovidio e le Odi di Orazio. Proprio di Quinto Orazio Flacco e la rosa ha parlato Emilio Costadura, noto professore genovese di lettere antiche, ma anche autore di studi e libri sulla nostra storia recente. In Orazio l’immagine della rosa affianca le riflessioni sulla precarietà della vita e sul perseguimento della virtù, stimola l’emozione e la riflessione, diventa suggestione.


Emilio Costadura

Attraverso la suggestione, il mito e il racconto la rosa è entrata anche nel nostro patrimonio di favole. Non è certo un caso che questo fiore così diffuso e carico di significati simbolici appaia nel racconto di fantasia accompagnato da una morale. E questo avviene da tempi molto antichi, come ha raccontato la professoressa Daniela Leuzzi, insegnante di lettere antiche presso l’illustre Liceo Emiliani in Nervi, che ha compiuto un vivace excursus sulla favola e la fiaba, partendo dall’antichità classica per arrivare all’Ottocento.


Daniela Leuzzi

La rosa è fortemente simbolica ed è sempre stata un elemento delle cerimonie religiose. Nell’antichità classica è stata il fiore di Venere, dea dell’amore, ma anche della dea della saggezza Athena, che sarebbe nata sull'isola greca di Rodi, il cui nome deriva da rosa. Se per la forma dei petali conchiusi prese il significato di mistero, il suo sbocciare fu accostato all’idea di festa. La rosa espresse la rigenerazione e rientrò nel culto dei morti; agli albori del cristianesimo, nel giorno di Pentecoste, petali di rose venivano fatti cadere sui fedeli a simboleggiare le lingue di fuoco dello Spirito Santo; le sue spine invece ricordarono la passione di Cristo e nelle rappresentazioni iconografiche trafiggono il cuore della Madonna. A Maria Santissima il fiore fu consacrato, rosa mistica simbolo di perfezione spirituale. Così nella Divina Commedia Dante dispose le anime dei beati in una rosa candida, in un mistero di pura luce. Dall'usanza medioevale di mettere sulle statue della Vergine delle corone di rose, simbolo delle preghiere recitate, derivò la preghiera meditata del rosario e nacque l'idea di utilizzare una collana di grani.
Da simbolo religioso la rosa diventò ben presto un distintivo simbolo araldico ed esoterico. Persino il colore denotò particolari caratteristiche umane: il bianco la purezza, il rosso la passione, il rosa la serenità, il giallo il distacco.
La rosa rimane per tutti il simbolo della forza vitale dell’amore, che si afferma nella lotta tra il bene e il male, proprio come accade nella fiaba Rosaspina dei Fratelli Grimm.
Questa fiaba è particolarmente cara anche alla nostra tradizione. La celebre attrice Maria Vietz, impareggiabile voce della lingua genovese e vice presidente de A COMPAGNA, ne ha presentato la versione in Genovese, preannunciando così l’esecuzione de “Il Canto degli Innamorati”.

 
Maria Vietz   Zena Antiga

La rosa è anche un simbolo caro ai marinai. La rosa dei venti, che si diffuse all’epoca delle Repubbliche Marinare, indica i punti cardinali ed i venti che soffiano nel Mediterraneo. Di questa speciale rosa, ancora un’icona dell’antica navigazione a vela, ha dato una chiara e interessante spiegazione il comandante e professore Bruno Malatesta, vice presidente dell’associazione Capitani e Macchinisti di Camogli, la città che con i suoi velieri ha portato alto in tutto il mondo il nome della marineria Ligure.


Bruno Malatesta

I musicisti hanno intonato un’Ode alla Madonna, canto di lontananza.


Milena Medicina

Mistica o profana, l’immagine della rosa accompagna la storia dell’arte come allegoria di nascita e morte, di amore sacro e amore profano, ma anche per il valore estetico e decorativo. Questi aspetti sono stati analizzati con garbo e competenza da Mariolina Manca, pittrice e insegnante di discipline artistiche studiosa d’arte. Partendo dal ligure contemporaneo Raimondo Sirotti e retrocedendo fino ai pittori rinascimentali, la rosa è risultato tema ricorrente nella pittura.


Mariolina Manca

Citata dagli scrittori e cantata dai poeti, la rosa è in vario modo soggetto letterario. Con acutezza di scelta, alcune citazioni letterarie sono state proposte dalla professoressa Ilaria Schiozzi, insegnante del liceo Emiliani, che con agilità è passata dagli autori rinascimentali e barocchi ai contemporanei.


Ilaria Schiozzi

Un pubblico costantemente attento ha potuto allora applaudire il raffinato canto Reuze d’Arbà.


Zena Antiga

La rosa è un fiore tenace di origini antichissime. A Parigi c’è un museo della rosa che ne conserva fossili con più di 40 milioni di anni. Nel V sec. A. C. Erodo parlava già delle rose pluripetali come di fiori comuni e raccontava come fossero coltivate in Macedonia nei giardini del mitico re Mida.
Da quando e perché la rosa si coltiva nel Genovesato? Confrontata con l’ulivo e gli agrumi, certamente non fu una pianta di successo e di grande diffusione, ma di utilizzo domestico: si coltivava soprattutto la rosa da sciroppo. Sulla floricoltura nel Genovesato ha presentato i suoi studi il vice preside dell’Istituto Professionale per l' Agricoltura Marsano, prof. Ilario Gnecco, pronipote di quel Gerolamo Gnecco di Nervi, che nel 1770 pubblicò a Genova le Riflessioni sopra l’agricoltura del Genovesato co’mezzi propri a migliorarla e a togliere gli abusi e vizi inveterati.


Ilario Gnecco

La sentita accoglienza della Biblioteca Comunale Berio è stata espressa dal responsabile dott. Emanuele Canepa, che ha assistito con piacere alla conferenza spettacolo e ha rivolto parole di accorata fiducia ai progetti di confronto culturale; dopodiché i rappresentanti del Convegno hanno ricevuto dal palcoscenico l’omaggio di una rosa bianca e di una rosa rossa, in coerenza con la simbologia dell’evento.

 
Emanuele Canepa   Da sin. Franco Andreoni, Simone Navarro, Marcella Rossi Patrone

La Svizzera sa distinguersi per l’attenzione all’ambiente, alla natura, ai fiori. A Berna c’è un giardino panoramico sulla città che ospita proprio le rose. Una passeggiata ideale nel Rosengarten di Berna è stata proposta da Carla Iacono, un’importante e comunicativa artista visuale genovese, che ha articolato il proprio intervento sulla frase di Paul Klee “Il dialogo con la natura resta per l’artista una condizione primordiale”. L’artista svizzero dipinse infatti un’emozionante quadro dedicato proprio al roseto della capitale elvetica.


Carla Iacono

A Genova e Provincia negli orti, nei giardini e nei conventi si coltivavano le rose da sciroppo, che era prodotto ad uso familiare. Le rose si impiegavano anche per la preparazione di confetture e canditi nelle botteghe dolciarie. In Alta Valle Scrivia, da ormai otto anni si svolge un'importante manifestazione dedicata alle rose. Sapori, artigianato, folklore e ospitalità valorizzano l’entroterra genovese grazie alla tradizione della rosa. Antonello Barbieri, impegnato rappresentante e consigliere comunale ha descritto e commentato la Festa della Rosa che si svolge ogni Maggio a Busalla.


Antonello Barbieri

Tremila anni fa Omero ci parlava dell’olio di rose. Nell’Iliade, al canto XXIII, culmina una tragedia: Ettore è ucciso da Achille “...Afrodite, di giorno e di notte, l'ungeva con olio di rose” (v.186).
Oggi la Valle Scrivia non solo è divenuta custode di una tradizione antichissima, ma è riuscita a farla diventare una risorsa per l’economia locale, grazie all’ associazione “Le Rose della Valle Scrivia”, presentata con passione dalla presidente Barbara Pisani.


Barbara Pisani

Come Berna anche Genova ha un famoso Roseto, creato a Nervi dall’agronomo Luigi Viacava nel 1979, quando era Direttore Giardini del Comune. Quest’anno alcuni alunni del liceo artistico Klee Barbino, grazie all’impegno della professoressa Marina Dalla Giovanna, hanno ritratto il Roseto di Nervi, prossimo al restauro e alla riqualifica. La pittura dal vero all’aperto è stato uno stimolo didattico, ma anche un messaggio per la tutela del paesaggio e una documentazione. Sullo schermo della Sala dei Chierici sono passati in rassegna questi quadri di rose e il pubblico, sulle note di un canzone popolare di festa, ha potuto degustare lo sciroppo gentilmente offerto dall’associazione Le Rose della Valle Scrivia, che ha così chiuso la manifestazione.

 
Due quadri del Liceo Klee


Zena Antiga

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