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Venerdì 10 febbraio 1961
ALLA BASE DELLA TORRE DEL POPOLO
«A Compagna» dopo circa mille anni ritorna fra le mura che la videro nascere, fra le mura dell'antico Palazzo del comune. Gian Battista D'Oria, presidente de «A Compagna» entra in quella casa che nel 1251 un antenato, Guglielmo D'Oria, cedette per creare una base al Palazzo del popolo: incontro di modernità ed antichità legate nei secoli ad un unico programma: la grandezza di Genova.
L'antico Palazzo del comune con la sua torre riassume tutta la gloriosa storia di Genova; «A Compagna» con il suo archivio riassume tutta la storia dei genovesi.
S'è detto che il palazzo riassume tutta la storia di Genova e com'è difficile, in un breve scritto, tracciare un completo panorama storico, così è difficile fare una dettagliata storia del palazzo che nel tempo conobbe splendore, decadenza, rinascita, morte e resurrezione. Perciò si impone una corsa ad ostacoli, costituiti dai secoli.
Le sale del palazzo, costruito da Antoniotto Adorno fra le quali la famosa quella «verde» nominata spesso dai cronisti, videro cerimonie solenni, parate in onore di sovrani ed ebbero altresì una risonanza di tumulti delle fazioni e ospitarono Battista di Campofregoso creato doge, deposto e rimpiazzato in un solo giorno.
Gli annalisti notano e insistono che nel XIII secolo i vari uffici del governo, non avevano sede nel palazzo ma erano sistemati, secondo l'opportunità, separatamente in case private dei cittadini.
Gli annalisti lo dicevano allora, i cronisti possono ripeterlo oggi.
Di conseguenza, anziché la dimora d'un principe, il palazzo poteva considerarsi un ufficio per il pubblico.
Uno di questi uffici viene inaugurato per la prima volta nel 1333 dall'abate del popolo, nella parte del palazzo sorto sulle case dei D'Oria.
Questa figura di «abate del popolo» si profila interessante: per metà prete e per metà funzionario del Comune, il suo preciso incarico era, quello di intermediario fra governo e cittadini.
Sette secoli or sono la burocrazia era ancora lontana dal nascere prosperare e ingigantirsi: niente esposti, niente suppliche, niente sportelli, niente attese e si andava per le spicce.
Il popolo voleva esprimere un desiderio e scendeva in piazza, cioè andava al palazzo del governo; il popolo voleva imporre una sua volontà e si ammassava sotto il palazzo a tumultuare e non mancavano naturalmente le risse.
Un po' di questa usanza nel temperamento dei genovesi è rimasta come avvenimenti non molto lontani o recenti, hanno dimostrato.
Toccava allora all'«abate del popolo» intervenire per convincere i potenti, placare gli animi, cercare una soluzione, risolvere una vertenza e la cosa non era sempre facile e non sempre incruenta.
È proprio in questa «loggia degli abati» che «A Compagna» trasferirà la sua sede, da quella provvisoria di palazzo Pammatone ridotto a... Colosseo dalle bombe di diciotto anni or sono.
Il ritorno di «A Compagna» all'antico Palazzo del Comune è stato concesso con «impegno di restaurare riscattando la loggia dal deplorevole attuale stato di abbandono».
Questa loggia occupa del palazzo la base all'angolo di salita Arcivescovado e via Tommaso Reggio. Dire «stato deplorevole di abbandono» è poco, anzi pochissimo. Per arrivare alla scardinata porta d’ingresso della «loggia» è necessario percorrere un corridoio occupato da autoambulanze e lettighe della vicina Croce verde, ingombro di macerie e immondizie e sul quale si aprono, anzi si chiudono, le guardine ove vengono sistemati gli imputati in attesa di comparire davanti ai giudici nel vicino palazzo Ducale.
Poi si entra; ma si entra in una grotta ove le stalattiti e le stalammiti sono formate da colonne antiche smozzicate dal tempo e dal piccone su un fondo tutto buche.
Non fu restaurato nel 1932 il Palazzo del popolo? Sì: fu restaurato di fuori, secondo la consuetudine che teneva all'apparenza e niente affatto alla sostanza delle cose.
Dentro la «loggia» è una confusione di secoli e di materiale edilizio: i mattoni dell'anno 1000 si mescolano al cemento del 1900, muri innalzati nel 1500 e nel 1932 hanno cambiato faccia all'ambiente del 1300.
Alla «Compagna» spetta per impegno riscattare la «loggia» da questo miserando stato e i lavori sono già iniziati.
Come sempre avviene quando si scava nell'antico, è stata fatta - appena all'inizio dei lavori - una scoperta interessante: un tronco di scala, seguendo la direzione della quale si arriva davanti a una porta - oggi murata - esattamente sotto la prima finestra dell'angolo di via dell'Arcivescovado ed è una porta di cui parla la storia.
Scese da quella scala, si affacciò a quella porta, si presentò al popolo, Simone Boccanegra appena eletto doge nel 1339.La scala sarà dissepolta, la porta sarà riaperta e sarà l'ingresso della nuova sede di «A Compagna».
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