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Nella Giornata di Colombo porgo, a nome della città, il saluto ai tanti liguri nel mondo.
Il mio pensiero va alla loro presenza consolidata nella storia, una presenza antica. La Liguria è una terra proiettata sul mare e ciò ha reso naturale per i suoi abitanti muoversi, spostarsi verso altri luoghi.
A cominciare dal Medioevo, quando la presenza genovese era molto estesa nel Mediterraneo. Pescatori, navigatori e soprattutto mercanti animavano gli insediamenti dei genovesi e dei liguri, realizzando importanti centri commerciali nel Mar Nero, nel Levante, a Istanbul, nel quartiere di Galata - Beyloglu -, segnato ancora oggi dalla torre dei genovesi e da pochi giorni gemellato con Genova.
Il Medioevo si conclude con il grande viaggio di Colombo che apre un'epoca nuova nella storia dell'umanità. Questa nuova epoca conosce poi, nell'Ottocento e nel Novecento, grandissimi movimenti migratori, che sono splendidamente raccontati nel nostro Museo del Mare. Di questi movimenti migratori i Liguri sono protagonisti, sono anzi tra i primi migranti alla metà; dell'Ottocento, quando i flussi migratori dall'Italia si stanno appena delineando.
Ci sono naviganti e mercanti, ma anche perseguitati politici, come fu Garibaldi che, pur non essendo ligure in senso stretto, fu molto legato alla nostra terra e approdò in America Latina.
Questi liguri migranti provengono inizialmente dalla costa e poi, sempre più, dall'entroterra povero. Sono, in grande maggioranza, contadini e fuggono da una miseria inaudita. Partono per il continente americano, per l'Argentina, dove si raccolgono in quartieri a fortissima presenza genovese come la Boca, per l'Uruguay, per Valparaiso in Cile e poi per l'America del Nord e gli Stati Uniti. Per tutti coloro che emigrano dalle nostre coste ci sono sempre due elementi caratterizzanti: da un lato, un legame profondo con la terra di origine, il desiderio di ritornare, la volontà; e l'impegno a mandare a casa denari guadagnati con un durissimo lavoro, per migliorare la vita dei parenti che sono rimasti in Liguria; dall'altro lato, la volontà; e la capacità; di inserirsi nelle terre e nelle comunità; che li hanno accolti. I modi di questa accoglienza variano, la possibilità; di inserirsi è tanto migliore quanto più è aperta la comunità; che li accoglie.
Pensiamo alla fatica di inserirsi in un mondo nuovo. È triste ripensare alle sofferenze patite da tanti nostri concittadini anche nei secoli passati ed è invece una ragione di gratitudine ricordare i casi in cui fu dimostrata capacità; di accoglienza nei loro confronti.
Ancora oggi registrano un certo flusso migratori di liguri. Si tratta di giovani che lasciano la nostra terra fondamentalmente per andare a cercare lavoro altrove. In questo loro diventare "liguri nel mondo" cogliamo due diverse motivazioni. Questi giovani si sentono sempre più cittadini europei e del mondo, educati a pensare che trasferirsi possa essere naturale nella loro esistenza. Ciò è positivo ma c'è un altro elemento che non lo è affatto: sono le difficoltà; del nostro Paese, che non riesce, come non riusciva nell'800 e per larga parte del 900, a dare prospettive di vita e di lavoro ai cittadini.
Da un lato, dunque, un mondo aperto e sempre più integrato, dall'altro un mondo difficile: sono queste le due condizioni alla base dei grandi movimenti migratori. Oggi come ieri, il fenomeno migratorio è un movimento inarrestabile.
È la stessa spinta della storia a generarlo. E la vita di coloro che migrano è sempre segnata da speranze. La speranza dell'America per i nostri emigrati, la speranza di poter condividere il sogno americano, la stessa di coloro che cercano oggi di venire in Europa per migliorare le loro condizioni o per fuggire da guerre, carestie, persecuzioni. Ma la speranza si mescola a drammi autentici, quelli che si vivono nel partire, quelli del viaggio, quelli incontrati nella nuova realtà, che si era idealizzata come una terra promessa e, invece, offre una vita molto più dura e con certezze molto inferiori alle speranze.
Questa situazione impone una grande capacità; da parte della politica. La politica deve essere all'altezza della rilevanza di questi fenomeni e delle attese di masse umane che ne sono protagoniste. Abbiamo quindi un primo problema da affrontare che la realtà; di oggi rende sempre più evidente: la grande inadeguatezza delle nostre norme e leggi. Bisogna renderle idonee a rispondere ai grandi movimenti di oggi. La politica deve essere razionalità, capacità; di compiere scelte giuste. Ma non basta la razionalità, che pure va utilizzata al meglio. Sono necessari valori di riferimento, che altri non possono essere che il rispetto pieno, sempre e comunque, della dignità; della persona. Ma anche i valori non bastano e possono anzi risultare un po' astratti se manca un terzo elemento: la sensibilità; umana, il cuore. Mi torna in mente la splendida canzone dell'emigrazione genovese, "Ma se ghe pensu", che racconta di una persona emigrata in America latina: il cuore si stringeva al ricordo della nostra città, del mare che si infrange sugli scogli, dei monti, della Lanterna, di piazza della Nunziata. Il cuore si stringe, non solo nel momento del ricordo, ma anche in quelli della partenza, del viaggio, della vita quotidiana affrontata nella nuova terra. Penso allora ai liguri che sono emigrati nei secoli passati, penso a quante volte e a quanti di loro si è stretto il cuore. E penso immediatamente a tutte le persone del mondo alle quali il cuore si stringe oggi. A tutti loro mi sento vicino. A tutti loro dobbiamo sentirci vicini, noi cittadini di Genova, nati a Genova o provenienti da diverse parti del mondo.
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