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A Compagna > Iniziative > 5 e 10 dicembre: la cacciata degli Austro Piemontesi

[5 dicembre] [Il Balilla] [10 dicembre]

Il 5 dicembre ricorre l'anniversario della cacciata degli austro piemontesi da Genova nel 1746 a seguito della rivoluzione scoppiata in Portoria per opera del celebre Balilla. Il 10 dicembre è la data dello scioglimento del voto che il Senato della Repubblica di Genova fece alla Madonna d'Oregina.

A COMPAGNA prende parte ad entrambi gli avvenimenti ed è unica associazione che, assieme al Comune di Genova, è presente ogni anno per deporre una corona al monumento di Balilla in Portoria e per partecipare alla cerimonia religiosa officiata nel Santuario di Nostra Signora di Loreto in Oregina.

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5 dicembre: la rivoluzione di Portoria

La rivoluzione genovese scoppiata in Portoria fa parte degli avvenimenti della guerra per la successione austriaca. Morto Carlo VI nel 1740, sua figlia Maria Teresa dava per certa la sua successione ritenendo che la «legge salica», la quale vietava alle donne la successione al trono d'Austria, fosse stata abolita dal padre. Di diverso avviso erano Prussia, Francia e Spagna che la ritenevano ancora vigente: infatti venne eletto imperatore il duca di Baviera che prese il nome di Carlo VII.

Genova cercò di restare fuori dalla contesa. Ma il suo tentativo fallì per l'antica rivalità con i Savoia; questi ultimi, in compenso degli aiuti che avrebbero prestato all'Austria, ebbero da Maria Teresa la promessa della cessione di diverse terre tra cui il marchesato di Finale acquistato dai Genovesi da Carlo VI per una rilevante somma.  «Una sottigliezza formale è che Genova entra in guerra contro il Piemonte, non contro l'Austria...» scrive Teofilo Ossian De Negri.

Ai Genovesi non rimase che allearsi con gli spagnoli e i francesi, attirandosi le ire degli austriaci. E mentre all'inizio della guerra pareva che le sorti fossero propizie agli alleati genovesi, più tardi la situazione si invertì e Genova rimase da sola alle prese contro il nemico. Gli Austriaci sotto il comando del generale Brown superata la Bocchetta scesero a Campomorone e il 4 settembre 1746 entrarono in San Pier d'Arena. Il giorno 6 settembre i Genovesi dovettero accettare le gravosissime condizioni imposte dal generale austriaco Botta Adorno. Una volta padroni gli austriaci chiesero con prepotenza grandi quantità di denaro e armi che la Repubblica possedeva per la sua difesa.

Era il 5 dicembre 1746 sul tramontare quando un drappello di soldati austriaci trascinava per la via di Portoria il mortaio «Santa Caterina» prelevato alla Cava dalle alture di Carignano. Ad un certo punto la strada sprofondò sotto il peso del mortaio. I soldati chiesero in malo modo un aiuto alla gente del posto e quando un caporale alzò il bastone contro un uomo per farsi ubbidire, finalmente il popolo perdette la pazienza. E quando, gridando «Che l'inse?» (ovvero «che la incominci?»), un ragazzo, il Balilla, lanciò il primo sasso, una pioggia di altri sassi venne scagliata sugli invasori austro piemontesi che furono costretti ad abbandonare il mortaio e a darsi alla fuga.

Una lapide ricorda l'avvenimento: si può scorgerla all'angolo di via XX Settembre e via 5 Dicembre, strada di Portoria che è stata denominata proprio con la data dell'inizio della rivoluzione contro l'oppressore austro piemontese.

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Il Balilla

Traendo liberamente da Vito Vitale (Breviario della Storia di Genova, Genova, 1955), ricordiamo che un punto molto controverso è l'identità personale dell'ardito monello che generosamente diede il segnale dell'insurrezione. Poiché nessuna narrazione storica e poetica contemporanea e nessun documento dà il nome del fanciullo di Portoria (anzi per lo più ne è taciuto anche il gesto) si è arrivati a sostenere che si tratti di pura leggenda. Ma la sua esistenza non può essere messa in dubbio: un dispaccio del veneziano Cavalli al suo governo in data 23 gennaio 1747 (quindi a poco più di un mese dall'avvenimento) parla di un manifesto del «nuovo governo» contenente la frase: «la prima mano onde il grande incendio si accese, fu quella di un picciol ragazzo, quel dié di piglio ad un sasso e lanciollo contro un ufficiale tedesco».

Un ragazzo dunque che, non potendolo individuare, chiameremo col nome eternato da Goffredo Mameli: Giovanni Battista Perasso. Bisogna infatti ammettere che l'identificazione personale di Balilla in Giambattista Perasso, nato nel 1729 nella parrocchia di Pratolongo di Montoggio, è apparsa a un secolo di distanza, nel 1845. A lui si è contrapposto, nel 1865, un altro Giambattista Perasso nato nel 1735 nella parrocchia di Santo Stefano, in Portoria. La Società Ligure di Storia Patria, invitata dal Municipio e dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1927 a riferire sulla vessata questione ha risposto che, allo stato attuale delle conoscenze e della documentazione, non è possibile identificare con sicurezza il «ragazzo delle sassate».

Diciamo quindi col Donaver che il monumento di Portoria anziché un eroe rappresenta «l'ardire generoso d'un popolo che, giunto al colmo dell'oppressione, spezza le sue catene e si rivendica la libertà».

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10 dicembre: il voto alla Madonna di Oregina

Durante la vicenda della rivoluzione e del successivo assedio di Genova da parte degli austro piemontesi tra il 1746 e il 1748, ebbe grande rilievo la «visione» di fra Candido Giusso, padre guardiano del Santuario di Oregina: nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1746 nel momento in cui i combattimenti erano estremamente aspri il Giusso asserì di aver veduto «l'immagine della SS. Concezione col serpente a' piedi» e di fronte a lei nel cielo «l'immagine di Santa Caterina da Genova genuflessa con le mani giunte in atto di una supplichevole». Il Senato diede grande rilievo al fatto e promise, con voto, di recarsi ogni anno in Oregina se Genova fosse stata liberata dagli oppressori, liberazione che avvenne il 10 dicembre 1746, festa della traslazione della Santa Casa di Loreto.

Con un solenne decreto del Senato del 24 novembre 1747, il Doge e i Serenissimi Collegi della Repubblica di Genova deliberarono di celebrare in Oregina per il 10 dicembre l'anniversario della liberazione della Città con una solenne funzione con Messa, Te Deum e Benedizione recandovisi lo stesso Doge con i Collegi ad offrire due rubbi di cera più uno scudo di argento a testa (il rubbo è una antica unità di peso, equivalente a 25 libbre genovesi ed è la sesta parte di un cantàro; poiché il cantaro corrisponde a 47 chili e 560 grammi, il rubbo equivale a 7 chili e 926 grammi).

Con decreto in data 15 novembre 1748 il Doge e i Serenissimi Collegi confermarono «la presa deliberazione di doversi praticare l'atto di riconoscenza a Nostra Signora di Loreto il giorno 10 dicembre di ciascun anno nella Chiesa di Oregina». 

Questa pia usanza continuò d'anno in anno, fu tralasciata nel 1796 quando, travolta dalla furia giacobina, cadde la Repubblica di Genova, e venne ripristinata nel 1846 dal Corpo Municipale con solenne festeggiamento popolare.

Il Comune di Genova ha aggiornato il contributo al Santuario:

bulletcon deliberazione del Consiglio Comunale n. 172 del 15 febbraio 1968 che ha elevato da 10.000 lire a 50.000 lire l'ammontare del contributo;
bulletcon deliberazione della Giunta Comunale n. 1249 del 14 aprile 1992 che ha elevato il contributo a 150.000 lire, in occasione delle Celebrazioni Colombiane;
bulletcon determinazione dirigenziale n. 56006 del 13 maggio 1997 che ha elevato il contributo a 300.000 lire, in occasione del 250 anniversario dei fatti di Portoria come richiesto in data 18 ottobre 1996 anche dalla nostra associazione A COMPAGNA con lettera del presidente Giuseppino Roberto.

Da allora il contributo è confermato a 300.000 lire.

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