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Ricercando nei vecchi dischi a 78 giri, per salvare il ricordo di voci che rischiavano di finire nel dimenticatoio,
mi sono dedicato con amore anche al repertorio genovese quindi alle antiche canzoni, ed al tenore Mario Cappello
del quale sono stati prodotti due cd ed un libro.
Particolare attenzione ho dedicato al nostro grande chitarrista Pasquale Taraffo che continua a riscuotere
grandi riconoscimenti anche dagli appassionati di oltreoceano cosa apprezzabile anche attraverso la visione di un film
documentario realizzato recentemente e pubblicato sul Web nel settore di Taraffo sul sito di Harp Guitar.
Ho ricordato anche Giuseppe Marzari con la riedizione dei suoi vecchi dischi che è già arrivata ad oltre 9 cd
da 20 pezzi ciascuno.
È con questo spirito che mi sono accinto a cercare di salvare l'Eneide di Nicolò Bacigalupo, rendendola
fruibile anche a chi ha difficoltà a leggere la nostra lingua. Questa realizzazione si é resa possibile grazie alla preziosa
collaborazione dei cari amici Maria Vietz e Piero Campodonico.
Purtroppo siamo stati colpiti da una sconcertante prova a causa del grave lutto nel quale siamo incorsi per la inaspettata
perdita della nostra cara Maria alla quale dedichiamo questo lavoro.
Spero che avremo composto un'opera gradita,almeno ad una parte di pubblico e già il pensiero va ad altri artisti quasi
totalmente sconosciuti come Domenico Monleone ed alle sue opere... Quanti sanno che è stato anch'egli autore, ad
esempio, di una "Cavalleria Rusticana" degna di essere rappresentata come avvenne più di un secolo fa...?
Quanto lavoro ci aspetta se vogliamo salvare "qualcosa" del nostro patrimonio culturale!
Quando Franco Ghisalberti e la signora Vietz mi parlarono di una registrazione della tanto citata quanto poco praticata
"Eneide" di Nicolò Bacigalupo ebbi subito un motto di gioia/entusiasmo: finalmente tutti i genovesi - anche quelli
che parlano la nostra lingua ma stentano a leggerla - avrebbero avuto la possibilità di godere dei versi del nostro grande
Nicolò 2°. Il primo posto fra i Nicolò lo lasciamo, ovviamente, a Paganini.
Quando però mi proposero di essere l'interprete di tanto impegno, i moti d'animo furono non uno, ma due; simultanei e
contrastanti. Orgoglio sì, ma anche preoccupazione/panico. La Vietz, della realizzazione, intendeva essere solo regista:
troppe "ottave" le sembravano eccessivamente estreme per essere dette da una Signora. Io posi la condizione che almeno
alcune parti femminili non potevano non avere la sua recitazione, unica per purezza di linguaggio e capacità di
interpretazione.
L'accordo fu raggiunto e, sotto la guida di Franco, partì quella che doveva essere una "prova" del primo libro. Purtroppo,
oltre quella "prova", non si poté andare.
Ascoltando quelle non più ripetibili "ottave" si potrà forse notare qualche imperfezione tecnica ed esitazione interpretativa,
ma se si vuol godere dell'ultima fatica di Maria Terrile Vietz, quello è ciò che ci ha lasciato e, comunque, a parere di chi
scrive, non è certo poco. Fra le casualità che la mente umana fatica a ritenere solo tali, vi è l'ultima registrazione
lasciataci da Maria ai primi di dicembre quando le sue condizioni di salute nulla lasciavano presagire. Interpretando il
fantasma di Creusa che appare improvvisamente a suo marito, ebbe a recitare, come solo Lei sapeva, questa conclusione
della terzultima ottava:
A-oa a l'é comme a l'é. Se devo dî
no me pâ veo de n'avei ciù da moî
Ci si è chiesti a lungo, con Franco se, mancata Maria, fosse il caso di continuare con il secondo ed il terzo libro.
In particolare ci si interrogava sul terzo, ove l'Autore si divertì a distribuire fra Inferno e Paradiso personaggi del
suo tempo di cui oggi non sappiamo più nulla.
Si è optato per il "sì" per diverse considerazioni. La prima - lapalissiana - è che se l'opera di tre libri è composta,
di tre libri va presentata: starà all'ascoltatore/lettore interrompere l'ascolto se così riterrà di fare. La seconda
considerazione, assai più esaustiva, consiste nel fatto che certi personaggi, ancorché oggi sconosciuti, vivono di una
loro completa corposità e sarebbe del tutto delittuoso ucciderli una volta di più.
Noi potremo anche non saper chi mai fosse il Procuratore Farina, oltre il fatto
che façilmente, con cangiâ de cô,
e co-e mutte, co-i pægoi e co-a locanda
gh'é riuscio d'ese eletto e d'intrâ drento
deputòu liberale in Parlamento (III/40)
ma il funerale che gli riserva Bacigalupo merita un pio ricordo e non l'oblio
... o ghe tesce unn-a funebre orazion,
tramezzando e boxie con de veitæ
e faxendo un eroe d'un belinon... (III/41)
... E co 'un mûggio de cause e documenti,
de comparse, de suppliche e proteste...
e de parcelle presentæ a-i clienti
(ch'ean se capisce, accomodæ da-e feste)...
... han fæto a pira, pe poi daghe feugo
e mandale a fâ futte a tempo e leugo (III/42)
E non merita forse un altrettanto pio ricordo Capitan Gazzolo?
Scì, Capitan Gazzeu, che meschinetto
proprio in te l'ægoa o s'è lasciòu scûggiâ
perchè avendo piggiòu quarche cicchetto
o s'ea misso co-e stelle a raxonâ;
che anche morto o l'aveiva o sò difetto
de parlâ da camallo e giastemmâ.
Appenn-a che o l'ha visto o se fâ cheu
e o fâ: "Com'æla, Capitan Gazzeu? (III/77)
Per chi volesse sapere davvero "Com'æla..." non v'è che da proseguire all'ottava 78, e di lì in avanti non mancheranno gustosi cenni di vita ed opere di tanti altri nostri antenati del secolo XIX.
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